Ride bene, chi…
– La scrittura creativa di Alca –
Sinossi: 📖 Simon, dirigente di un Hedge Fund, se la caverà affrontando il Board della Holding? Riuscirà a convincere i “Pescecani” ad investire su quei valori su cui lui scommette per il futuro? E, infine, dove è finito Jim?
Tempo di lettura: ⌚ 9 minuti
Simon era in orario quella mattina. La metropolitana viaggiava in anticipo e il meteo era clemente.
“Ci voleva proprio un inizio di giornata così” si disse, poggiando la scarpa di manifattura fiorentina sull’ultimo gradino.
L’aria odorava di fumi di scarico stantii e di cibo di qualità discutibile in preparazione per il brunch. Ci aveva fatto l’abitudine, sebbene continuasse a detestarla.
Arrivò ai piedi del grattacielo senza curarsi della sua maestosa interezza. I suoi occhi, infatti, si fermarono al banchetto del fioraio, proprio lì sotto ad esso, all’angolo. Era il segno che tra il cemento e i vetri della City vi era una piccola porzione di paradiso.
Lui immaginava il Paradiso come un banchetto di fiori freschi: ad ogni defunto in arrivo “al piano superiore”, San Pietro sceglieva il mazzolino più adatto all’anima in transito. A chi gerbere, a chi rose tea, a chi ranuncoli.
Non aveva importanza se quel chiosco fosse piccolo, minuscolo in confronto al palazzo, o meno. In Paradiso ogni gesto d’amore era possibile, persino per chi non aveva mai apprezzato i fiori in vita.
Entrando nell’atrio della sede, passò lo smartwatch sul lettore del tornello ed esso lo riconobbe. Un suono ripetitivo ne era la conferma.
“Buongiorno Jim” sussurrò Simon.
Jim era il vecchio portiere della sede che, ormai anziano, era stato sostituito da un complesso sistema di accessi biometrici e automatici basato su NFT, telecamere e intelligenza artificiale.
Quel cambio tecnologico richiese qualche decina di migliaia di dollari per essere implementato, testato e corretto.
Jim sarebbe costato decisamente meno, e avrebbe reso più umano l’ingresso di quello stabile. Ma lui apparteneva al passato.
Simon prese l’ascensore e selezionò un piano in meno rispetto alla sua destinazione. Tempo addietro, pigiando sbadatamente il bottone errato, aveva compreso che dovendo salire qualche gradino verso il piano corretto, sarebbe stato in grado di integrare meglio il contesto: quell’espediente rendeva la mente più focalizzata e attenta ai dettagli.
Arrivare al centro dell’azione dalla porta scorrevole dell’ascensore era infatti un “trauma mentale” che bloccava molte sinapsi: troppi dettagli aggredivano il cervello attivando meccanismi di difesa ancestrali che poco avevano di razionale.
Riempì un bicchiere d’acqua fresca all’erogatore e si diresse alle scale di servizio per salire l’ultima rampa necessaria per raggiungere la destinazione.
La riunione era in procinto di iniziare e lui era pronto con le sue proiezioni di business: gli investimenti di lunga durata per la società di investimenti per cui lavorava da ormai dieci anni.
La sua indole non era mai stata aggressiva come i “pescecani” del reparto I.A.F. (Investimenti Azionari e Forex), sebbene fosse riuscito a sopravvivere più a lungo della maggior parte di loro. Avere idee divergenti che portano profitto può essere una ottima strategia nel medio e lungo termine: tenersi alla larga dal turbine di pescecani, preferendo gustoso Krill nel resto dell’oceano.
Abbozzò un sorrisetto a metà bocca, pensando alle conversazioni infinite sui cetacei che amava suo figlio, a lume di abatjour.
La metafora “Pescecani Vs. Balena” era stata vincente quando convinse l’ex presidente della Holding a dare l’assenso ai piani quinquennali sugli investimenti solidali che Simon aveva elaborato. Chiamarli “solidali” era quasi un eufemismo, visto che non erano altro che mezzi leciti per ridurre drasticamente la tassazione su alcune classi di investimento del loro portafoglio.
I risultati del primo quinquennio furono al di sopra delle aspettative e venne chiesto a Simon di lavorare su qualcosa di più ambizioso: un piano ventennale per la Holding.
Simon fu orgoglioso di quella proposta, contrattata in prima persona con quell’ex-presidente durante una colazione continentale a Roma, vista Fori Imperiali. Simon ricordava l’odore dei pini domestici di quei viali, e la vista di stanchi gruppi di turisti che, malgrado il caldo, ammiravano i resti dell’ antica civiltà.
Prima di entrare nella sala riunioni notò diversi sorrisetti di scherno nei suoi confronti. Provenivano dai giovani pescecani che si sarebbero presto azzannati l’uno con l’altro.
Sorrise sicuro di sé incrociando il loro sguardo.
Il Senior Leadership Team della Holding era lì presente di persona, segno che la giornata era propizia per una valutazione positiva del suo piano, o per una clamorosa debacle. Quasi tutto l’esito sarebbe dipeso dalla decisione del nuovo presidente. Lui era dedito alla partecipazione a simili riunioni, senza proferire parola il più delle volte, se non per emettere lapidarie sentenze sulle decisioni pendenti.
Simon salutò tutti, uno per uno, prendendo posto all’angolo del tavolo Majestic in cristallo. Il suo viso era sorridente e alquanto disteso rispetto ai visi marmorei dei presenti.
Affrontò la dissertazione e accolse di buon grado tutte le domande, e le osservazioni che vennero enunciate, prendendo appunti su alcuni spunti da approfondire in separata sede.
L’ultima mano alzata per intervenire fu del vicedirettore Corporate Affairs.
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“Splendida idea rivoluzionaria” – lasciò la frase sospesa – “e fantasiosa. Direi quasi quanto il suo originale vezzo di attaccare ornamenti inopportuni al suo completo di sartoria.”
Il viso inespressivo dell’uomo provò a scalfire la positività di Simon.
Lui non capì all’istante quell’allusione, sebbene mise in relazione quel commento con i risolini dei pescecani di poco prima. D’altronde, il vicedirettore era il capo di quel gruppetto, e di conseguenza non faceva cadere briciole dal suo desco lontano dai suoi cuccioli di pescecane.
Simon si guardò addosso, cercando di non cadere nel patetico. Si scrutò nella porta a vetri alla sua destra. Allora, capì.
“Vicedirettore, con tutto il rispetto” attese un istante per creare il climax desiderato in contrapposizione alla frecciata ricevuta. “Penso che lei possa aver sottostimato il mio impegno verso i nostri interessi comuni.” Si spostò di qualche passo e iniziò a parlare a braccio, ripercorrendo alcuni aspetti del successo che lo aveva portato lì, quel giorno, dinnanzi a loro.
“Concludo, dicendovi che l’azione più importante che ci porterà ad essere leader nei prossimi trenta anni sarà proprio quello che io, nel mio alveo privato, faccio ogni giorno.”
Gli occhi vitrei dei presenti mutarono, mostrando una sottile curiosità a quel punto.
“Io investo sui miei figli, dando loro attenzioni, tempo e presenza.” Proseguì Simon, marcando la “I” di “Io” e “Investo”.
“Saranno loro a prendere le giuste decisioni fra vent’anni. Anche per nostro conto. E quindi, ben venga se indosso con orgoglio lo sticker metallizzato di una balena, qui sulla giacca.” Picchiò in modo teatrale sul petto. “È un segno del mio impegno su ciò che conterà davvero quando noi non saremo più ai vertici della catena.” Continuò Simon ottenendo ancor più interesse dagli occhi dei presenti.
“Io so di aver investito su un capitale che renderà. Perché penserà con la propria mente, essendo capace di stare qui. Dove noi oggi sediamo.” Questa ultima frase arrivò dritto al centro del bersaglio, dato che Simon era l’unico in piedi nella stanza.
Chiuse la cartellina in pelle in cui ripose i suoi appunti e aspettò un gesto per ritenere l’incontro chiuso.
Il presidente batté la mano sul piano di cristallo dinnanzi a lui e fece vibrare i bicchieri dei partecipanti.
Qualcuno ebbe un sobbalzo, cosa rara per quelle entità granitiche del mondo bancario.
“Ben detto figliolo. Si proceda. Che i figli possano guidare la nostra Nazione con la dignità che si merita.”
Furono le parole di ceralacca del presidente che suggellavano la vittoria dei principii di Simon.
Quella sera il presidente della Holding chiese all’autista della limousine di cambiare il giro per tornare alla sua suite presso l’Hotel de Prestige. Jim, che lo conosceva dai tempi delle elementari, guidava indossando la divisa grigia e il cappello con orgoglio. Alzò lo sguardo nello specchietto retrovisore e annuì come gesto di intesa verso il passeggero.
L’auto nera si allungò verso il quartiere periferico dove entrambi avevano vissuto da ragazzi. I pensieri che si susseguivano lenti nelle loro menti fecero scorrere il tempo senza sussulti fino a che Jim rallentò con dolcezza. Con la stessa cura ruotò le spalle sporgendosi oltre il poggia testa e quasi in silenzio disse “Siamo arrivati. Trovi quello che mi hai chiesto nel vano di fronte a te. Sono freschi di giornata.”
Il nuovo presidente prese quell’incarto, maneggiandolo come un oggetto prezioso e si avviò a capo chino oltre il cancello che pareva sovrastarlo con la sua austerità.
In fondo al viale che scricchiolava sotto le scarpe di cuoio girò sulla destra e si fermò pochi passi più in là. Una goccia si divise in mille puntini luminosi non appena sfiorò la punta di pelle della calzatura, ed essi si persero tra la polvere circostante.
Jim aprì la portiera al suo vecchio amico e datore di lavoro e gli sfiorò la spalla mentre entrava nella vettura. Il nuovo presidente apprezzò quella discreta presenza, che da qualche tempo aveva riportato una luce di pace nella sua anima.
Un’altra goccia si schiantò sulla polvere di quel viale, ma questa volta il suo gusto non era salato. Poi arrivò una terza, una quarta e poi uno scroscio improvviso rese l’aria opaca, come se il cielo volesse liberare quelle emozioni che l’uomo aveva tenuto dentro di sé davanti alla tomba della sua piccola figlia.
Cessato l’acquazzone, i petali delle rose candide deposte poco prima si imperlarono di sfere umide.
Il raggio di sole che penetrò le nubi fece esplodere nell’aria circostante tutti i colori di quella giovane anima pura che era venuta a mancare troppo presto.